Fino al 26 maggio 2025 il Centre Pompidou di Parigi, prossimo ad una importante ristrutturazione, ospita una retrospettiva di Suzanne Valadon, pittrice francese attiva tra il XIX e il XX secolo che, con la sua arte, ha contribuito in modo significativo alla cultura transalpina.
Donna eclettica e molto moderna, Marie-Clémentine Valadon (Bessines-sur-Gartempe, 1865 – Parigi, 1938), ribattezzata da Henri de Toulouse-Lautrec “Suzanne”, come la biblica Susanna, ha avuto una vita segnata da sfide personali e professionali che l’hanno portata ad avvicinarsi al mondo dell’arte e a diventarne una figura di spicco; universo a cui ha praticamente consacrato – da musa e da artefice – tutta la sua vita.
Trasferitasi molto giovane nel quartiere di Montmartre con la madre, Suzanne trascorre la prima adolescenza cimentandosi in vari mestieri, tra cui fioraia e sarta, per poi dedicarsi, a partire dall’età di 16 anni, alla carriera circense di acrobata, professione che deve interrompere a causa di una caduta. Bella e dotata di fascino magnetico, inizia anche a lavorare come modella per diversi artisti dell’epoca, tra cui Toulouse-Lautrec, Renoir, Degas, Vallotton e Puvis de Chavanne, ai quali durante le lunghe pose carpisce i segreti del mestiere, grazie ad una grande attitudine all’osservazione.
Nel 1894 Valadon viene ammessa alla Société Nationale des Beaux-Arts – prima donna in un’epoca dominata da artisti maschi -. Forte della sua capacità di rappresentare il corpo umano con sincerità e senza idealizzazioni, fulcro della sua ricerca, e grazie alla peculiarità della sua pittura, caratterizzata da figure robuste e da un uso audace del colore, attira l’attenzione della critica e del pubblico, giusto riconoscimento alla sua determinazione e al suo talento, ed inizio della sua ascesa artistica.
Figura emblematica che ha sfidato le convenzioni sociali ed artistiche del suo tempo, Suzanne, pur subendo la suggestione di diverse correnti tra cui l’impressionismo e il post-impressionismo, ha sempre mantenuto un linguaggio personale, riflesso della sua esperienza unica, contribuendo così essa stessa ad influenzare generazioni di artisti e a ridefinire il ruolo delle donne nell’arte.
La tappa parigina della mostra, curata da Chiara Parisi, Xavier Rey e Nathalie Ernoult, riporta simbolicamente a casa Suzanne Valadon, in quella che è stata la città del suo debutto artistico. Divisa in nove sezioni tematiche, la rassegna è arricchita con opere di artiste ed artisti contemporanei e oggetti personali della pittrice, come fotografie o lettere. Il percorso espositivo, che ho trovato ben strutturato e che ne valorizza la sincerità emotiva e l’innovazione stilistica, permette di ammirare molti ritratti, autoritratti e nudi, oltre ad opere più incentrate sull’esplorazione di intimità e quotidianità, temi, questi, a cui Suzanne si avvicina dopo la maternità, spinta dal legame profondo e significativo con il figlio (nel 1883 ha dato alla luce Maurice Utrillo, diventato un noto pittore).
Di questa ricca e bellissima mostra ho anche molto gradito il fatto che alcune tele sono esposte assieme ai bozzetti preparatori che le hanno precedute, accorgimento, questo, che mi ha permesso non solo di apprezzare i processi creativi che hanno portato Suzanne Valadon a realizzarle, e dai quali emerge la sua originale capacità di fondere tradizione ed innovazione, ma anche a percepire in modo nitido e quasi concreto l’anima di questa straordinaria pittrice, che traspare in ogni suo lavoro. Una formula ben studiata per incontrare in una dimensione più intima una delle artiste più importanti della storia francese.
(Virginia Nicoletti)