Cento anni fa a Parigi, durante i mesi di apertura – da aprile ad ottobre del 1925 -, circa sedici milioni di visitatori presero parte con meraviglia ad uno degli eventi culturali più significativi del XX secolo, l’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes (Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne), vetrina globale delle tendenze più innovative dell’epoca.
Organizzata con tutta l’imponenza del caso dal Governo francese (l’area in cui si sviluppò l’Expo comprendeva entrambe le rive della Senna tra l’Esplanade des Invalides e le entrate del Grand Palais e Petit Palais), la rassegna raggiunse pienamente l’obiettivo che l’Unione Internazionale delle Associazioni di Arti Decorative e Industriali si era posta, ovvero promuovere quel linguaggio nuovo, marcatamente tendente verso il rinnovamento estetico che si era affermato nel periodo di profondi cambiamenti sociali e culturali seguito alla fine della Prima Guerra Mondiale, nell’architettura, nell’arredamento, nel design, nel vetro, nella gioielleria e nella ceramica – codice di cui lo stilista Paul Poiret all’inizio del secolo aveva posto le basi – .
Quindicimila espositori, provenienti da venti nazioni diverse, mostrarono al mondo la vitalità delle arti decorative europee, segnando la consacrazione internazionale e la diffusione globale dello stile che sarebbe stato conosciuto da lì in poi come <Art Déco> – estrema sintesi del nome dell’esposizione – o <stile 1925>. Uno stile caratterizzato da un linguaggio formale geometrico, colori vivaci e motivi decorativi attinti dal passato, incarnato da oggetti e architetture pensati per il loro uso pratico ma anche per la loro bellezza intrinseca, sintesi tra tradizione artigianale e innovazione tecnologica e modelli di equilibrio tra forma e funzione, che ha esercitato la propria influenza per decenni, nonostante l’avvento della Seconda Guerra Mondiale abbia portato con sé, soprattutto in Europa, una nuova era di austerità e avversione a ogni eccesso.
L’Italia presenziò alla kermesse parigina con un padiglione che proponeva una visione moderna delle arti decorative – seppur fortemente legata alla nostrana tradizione artistica e artigianale -: simbolo della forza creativa nazionale e delle capacità di innovazione e di dialogo con le avanguardie internazionali, il nostro presidio esibiva, tra le opere più celebrate, raffinati vasi in vetro di Vittorio Zecchin per Cappellin Venini & C., argenterie di Renato Brozzi, sculture di Adolfo Wildt, ceramiche di Galileo Chini e di Gio Ponti (che si rese protagonista di un significativo contributo, con piatti, vasi e urne). Tutti questi artisti ottennero il Grand Prix, il massimo riconoscimento dell’esposizione.
Ad un secolo dall’evento di Parigi, Milano rende omaggio all’Art Déco con la mostra “Art Déco. Il trionfo della modernità”, curata da Valerio Terraroli e ospitata a Palazzo Reale dal 27 febbraio al 29 giugno, che presenta circa 250 opere che raccontano l’evoluzione e il ruolo dell’Italia nella formazione di questo stile, con un focus particolare sulla città di Milano. Grazie alle sue istituzioni, ai suoi artisti e alle sue manifatture, la città meneghina fu uno dei centri propulsori del Déco in Italia, tanto che, già agli inizi del Novecento, vi si andarono sviluppando tendenze verso una nuova bidimensionalità geometrica e antinaturalistica.
La mostra celebra questo primato mostrando come la città abbia saputo interpretare e rilanciare le suggestioni internazionali, dando vita a una declinazione originale e riconoscibile dello stile, e offre l’opportunità di contemplare alcune delle opere che furono presentate nel padiglione italiano, tra cui una porzione del bellissimo pannello di Galileo Chini che ne adornava gli spazi, che personalmente ho trovato di una bellezza senza tempo.
L’esposizione non si limita solo a presentare una moltitudine di opere d’arte – dagli arredi alle vetrate, dai piatti alle composizioni in ceramica, dai dipinti alle statue, dall’abbigliamento agli accessori..etc… ognuna, secondo me, meritevole di attenzione -, ma le contestualizza offrendo uno sguardo sugli avvenimenti storici, culturali ed economici che hanno contraddistinto l’epoca, evidenziando come l’Art Déco sia stata una risposta alle contraddizioni e alle tensioni di un periodo segnato da prosperità, sperimentazione, ma anche da crisi e cambiamenti politici. Un viaggio affascinante tra arte, design e modernità.
(Virginia Nicoletti)