(Federica Cannas) Ci sono film che obbligano lo spettatore a guardare in faccia una realtà scomoda, dolorosa, eppure necessaria da ricordare. Complici del silenzio, del 2009, diretto da Stefano Incerti, è uno di quei film che non si dimenticano facilmente.
Un film che intreccia sport, politica e diritti umani, ambientato in uno dei momenti più bui della storia recente: l’Argentina del 1978, anno del Mondiale di calcio, ma anche della dittatura militare, delle sparizioni forzate e della violenza di Stato.
A distanza di anni, il film resta attuale. Non solo perché il ricordo delle vittime della dittatura argentina merita di essere preservato, ma perché ci ricorda che il potere ha sempre bisogno di silenzi complici per sopravvivere.
E allora la domanda che il film ci lascia è semplice e spietata: oggi, davanti alle ingiustizie del mondo, siamo complici o testimoni?
Il protagonista, interpretato da Alessio Boni, è un giornalista italiano che arriva a Buenos Aires per seguire i Mondiali di calcio. Ma quello che dovrebbe essere un semplice reportage sportivo si trasforma in un viaggio nell’incubo di un Paese soffocato dalla repressione.
L’Argentina del 1978 è divisa in due realtà parallele. Da un lato lo spettacolo del calcio, la festa, la gioia apparente di un popolo che tifa la propria nazionale. Dall’altro, la paura, la sparizione di oppositori politici, il terrore imposto dalla giunta militare di Jorge Rafael Videla.
Il film racconta con efficacia l’ambiguità di un evento sportivo che, mentre infiamma gli stadi e i cuori dei tifosi, serve anche come cortina di fumo per coprire gli orrori della dittatura. Un calcio utilizzato dal regime per distrarre il popolo e legittimare il proprio potere agli occhi del mondo.
Ma Complici del silenzio non è solo un film sulla dittatura argentina. È una riflessione più ampia su quanto l’informazione possa essere manipolata, su quanto il mondo – spesso per convenienza – scelga di chiudere gli occhi davanti alle ingiustizie.
Il titolo stesso è una denuncia. Chi resta in silenzio di fronte alla violenza è complice. I governi stranieri che continuarono a stringere accordi con la giunta militare, i giornalisti che preferirono raccontare solo il lato spettacolare del Mondiale, gli stessi tifosi che, volontariamente o meno, non si rendevano conto di ciò che accadeva fuori dagli stadi.
Il protagonista si troverà a dover scegliere tra la sicurezza personale e il dovere morale di raccontare la verità. Un dilemma che non riguarda solo il singolo giornalista, ma chiunque si trovi di fronte a una realtà scomoda e decida se schierarsi o restare in silenzio.
Complice del silenzio è un film intenso, a tratti spietato, che mescola thriller e dramma storico con un realismo che colpisce allo stomaco. La tensione cresce scena dopo scena, accompagnata da una fotografia che alterna la luce ingannevole della festa mondiale con le ombre inquietanti della repressione.
Gli attori protagonisti offrino un’interpretazione intensa e credibile, capace di restituire lo smarrimento, la paura e la determinazione di chi si trova improvvisamente a vivere un incubo più grande di lui.
Ma il vero protagonista del film è il contesto storico, che emerge in tutta la sua crudeltà. Complici del silenzio non è solo un film da vedere, è un film da ascoltare, perché parla di una storia che non si può dimenticare.