(Federica Cannas) Nel panorama sportivo internazionale, Federica Pellegrini è stata capace di trasformare ogni gara in una bella sfida personale e collettiva. In un mondo dove le traiettorie sembrano scritte in anticipo, lei ha scelto di scardinarle, una vasca dopo l’altra. La sua carriera, fatta di record e medaglie, è soprattutto la storia di una mente libera e di un corpo consapevole, capace di inventare nuovi modi per restare sé stessa in uno sport rigidamente codificato.
Nata a Mirano, cresciuta a Spinea, in Veneto, scopre presto che l’acqua è il suo elemento naturale. Ma ciò che la distingue da subito non è solo la facilità con cui taglia la corsia, è la capacità di ascoltare il suo corpo, capirne i segnali, fare scelte che molti non avrebbero osato.
A 16 anni, sale sul podio olimpico di Atene conquistando l’argento nei 200 stile libero. La più giovane italiana di sempre a riuscirci. Da lì, la sua parabola sembra già tracciata. Ma Federica, invece di seguire la rotta prevista, la devia.
Quando si parla di stile, nel nuoto si intende quasi sempre la tecnica. Ma nel caso di Federica Pellegrini, lo stile è anche un modo di pensare. Non ha solo vinto, ha cambiato il modo di vincere. Ha adottato strategie di gara fuori dagli schemi, impostando ritmi nuovi, sorprendendo avversarie e cronometri. Nei 200 e nei 400 stile libero, ha lasciato il segno come poche. A Roma, nel 2009, diventa la prima donna a scendere sotto i 4 minuti nei 400 metri stile libero: un risultato che va oltre il record, perché segna un nuovo confine mentale e fisico per tutto il nuoto femminile.
La sua grandezza si misura anche nel modo in cui ha saputo affrontare le crepe. Ha sofferto di attacchi di panico, ha vissuto la bulimia, ha conosciuto la perdita devastante del suo allenatore e mentore, Alberto Castagnetti. Ma non ha mai cercato scorciatoie. Anzi, proprio in quei momenti non ha nascosto il dolore, lo ha attraversato. È tornata in vasca con nuove consapevolezze, restando competitiva quando il mondo cominciava a parlare solo delle nuove leve. Ai Mondiali di Budapest 2017, a quasi trent’anni, conquista l’oro nei 200 stile libero. Un gesto di resistenza luminosa, forse il più bello di tutti.
Ciò che la rende un modello oltre lo sport è la sua coerenza. Ha portato in vasca sé stessa, sempre. Con la sua capacità di esprimere personalità e cambiamento, le sue scelte sentimentali vissute alla luce del sole, le sue pause, i suoi ritorni. E perché no, anche con i suoi tatuaggi, frammenti di vita incisi sulla pelle. Come quello che condivide con il fratello, “Nient’altro che noi”, che racconta la centralità della famiglia, la radice profonda da cui tutto è cominciato. Ha saputo dire no, anche quando tutti si aspettavano un sì. E ha saputo dirlo con eleganza, senza mai rinnegare la fatica che certe decisioni comportano. Non ha mai recitato il ruolo della sportiva perfetta, perché ha preferito essere semplicemente umana.
Dopo il ritiro, ha saputo costruire un’altra vita pubblica. Giurata televisiva, presenza carismatica, madre da pochissimo. Ma anche in questo, niente di forzato o costruito. Federica non ha mai cercato la ribalta a ogni costo. Semmai è la ribalta ad aver cercato lei. Perché quando si è veri, si è anche rari. E chi è raro, è capace di attrarre.
Federica Pellegrini ha lasciato al nuoto un modo di pensare. Ha dimostrato che anche in uno sport così cronometrico, c’è spazio per la libertà, per l’intuito, per il carattere. La sua non è stata solo una gara con il tempo, è stata una sfida alla prevedibilità, una dichiarazione d’indipendenza. E ora che ha smesso di gareggiare, la sua figura continua a fluire, come un’onda che si ricorda a lungo, anche quando la superficie torna calma.