di Federica Cannas – A guardarla dall’alto, la spiaggia sembrava un’opera astratta. Più di due milioni di persone, un unico respiro, un solo palco. Quello di Lady Gaga, che il 3 maggio ha trasformato Rio de Janeiro nel centro del mondo. Un concerto gratuito, sì, ma con un valore simbolico che supera di gran lunga qualsiasi cifra. Anche quei 16 milioni di reais stanziati, che tanto hanno fatto discutere e che invece raccontano di una scelta politica precisa, profondamente brasiliana: puntare sulla cultura come bene comune.
Sotto la presidenza di Lula, un evento così diventa visione. La musica come collante sociale, come strumento di unione, in una nazione che ha attraversato fratture profonde. La spiaggia di Copacabana, che nel tempo ha visto manifestazioni, proteste, carnevali e rivoluzioni, ha accolto un’altra forma di democrazia. Una democrazia sonora, corale, aperta a tutti e a tutte. Perché lì non c’erano biglietti né posti riservati, solo il diritto di esserci. E Lady Gaga, regina pop ma anche icona politica e culturale, non ha deluso.
Il suo spettacolo, visivamente potente, concettualmente inclusivo, ha avuto il sapore dell’abbraccio collettivo. In mezzo al pubblico, bandiere arcobaleno e volti dipinti, madri con figlie, coppie giovani e anziani. Non solo una festa, ma una risposta. Perché quel concerto ha rischiato di non avvenire. La polizia federale ha sventato un attentato terroristico che avrebbe potuto trasformare Copacabana in tragedia. Un’operazione, “Fake Monsters”, che ha impedito l’orrore e permesso invece la meraviglia.
Lady Gaga, dal canto suo, si è definita obrigada e ha condiviso sui social parole profonde e commosse. “Nulla poteva prepararmi alla sensazione che ho provato durante lo spettacolo di ieri sera: l’orgoglio e la gioia assoluti che ho provato cantando per il popolo brasiliano. La vista della folla durante le mie canzoni di apertura mi ha tolto il fiato. Circa 2,5 milioni di persone sono venute a vedermi cantare, la più grande folla per qualsiasi donna nella storia”.
E allora non si può liquidare l’evento come
un’esibizione gratuita di una popstar. Sarebbe riduttivo e anche profondamente ingiusto. È stato un gesto politico, un atto d’amore, un momento di coesione. In un mondo in cui i confini si moltiplicano e le paure si amplificano, Rio ha risposto con un’ unica voce. La voce di una donna che canta l’inclusione, che ha fatto della sua diversità un manifesto e della sua arte un linguaggio universale.
Qualcuno dice che il Brasile ha problemi ben più gravi da risolvere. Ma chi era lì sa che in quelle ore, sotto quel cielo e davanti a quel mare, la musica ha fatto quello che la politica dovrebbe fare ogni giorno: unire, ascoltare, dare spazio.