(Federica Cannas) Un uomo silenzioso, un autore geniale, un creatore di mondi sospesi tra il tragico e il comico. Samuel Beckett è una delle figure più enigmatiche e influenti del Novecento, capace come pochi di scardinare le convenzioni letterarie e teatrali. Ma chi era davvero Beckett dietro le parole?
Quando, nel 1969, gli fu assegnato il Premio Nobel per la Letteratura, non reagì certo con gioia. Il suo spirito anticonvenzionale lo portava a vivere un rapporto conflittuale con la fama. Per un uomo che rifuggiva le interviste e viveva un’esistenza appartata, la ribalta mediatica rappresentava un peso insostenibile. Non che Beckett fosse scontroso. Al contrario, era un uomo generoso, capace di vivere amicizie sincere. Ma il circo mediatico non faceva per lui. Preferiva lasciare che fossero le sue opere a parlare, con quel linguaggio scarno e incisivo che è diventato la sua firma.
Beckett è spesso etichettato come uno scrittore “difficile”. Le sue opere, a partire da Aspettando Godot, sembrano sfidare le regole della narrazione, offrendo al pubblico frammenti di esistenza intrisi di silenzio e ripetizione. Eppure, dietro questa patina austera, si cela un’ironia sottile, quasi surreale. Beckett era un maestro nell’arte del paradosso. I suoi personaggi vivono situazioni assurde, ma proprio in queste trovano una dimensione comica. Pensiamo ai dialoghi tra Vladimir ed Estragon in Aspettando Godot. Battute brevi, che trasformano il vuoto dell’attesa in un gioco tragicomico.
La risata, in Beckett, non è mai liberatoria, è una risata che inciampa, che cade su se stessa, che ci ricorda quanto siamo fragili.
Oggi, a più di un secolo dalla sua nascita, l’eredità di Samuel Beckett continua a interrogare il nostro rapporto con l’arte, la vita e il tempo. La sua apparente semplicità nasconde una complessità che non smette di affascinare lettori e spettatori. E con il suo rifiuto della celebrità ci vuole dire che non sempre è necessario alzare la voce per essere ascoltati. A volte, il silenzio dice molto di più.
Samuel Beckett è stato un genio schivo, un autore che ha fatto della sua capacità di ridere dell’assurdo – e di farci ridere insieme a lui – una forma d’arte, che resta un antidoto al caos della modernità. Perché, come ci insegna Aspettando Godot, anche nell’attesa più vuota c’è spazio per un sorriso.