Le Domus de Janas, le misteriose tombe preistoriche scavate nella roccia e diffuse in tutta la Sardegna, sono entrate ufficialmente nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Il riconoscimento è arrivato il 12 luglio 2025, durante la 46ª sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale che si è tenuta a Parigi. Con questo importante traguardo, l’Italia raggiunge quota 61 siti riconosciuti a livello globale, confermandosi come il Paese con il maggior numero di beni iscritti nella prestigiosa lista.
La candidatura delle Domus de Janas, promossa nel 2018 con il titolo “Tradizioni funerarie nella Preistoria della Sardegna”, è stata approvata secondo il criterio (iii) della Convenzione UNESCO del 1972, che riguarda “testimonianze uniche o eccezionali di una civiltà scomparsa”. Secondo quanto riportato nella motivazione ufficiale dell’UNESCO, queste tombe ipogee rappresentano il più significativo esempio di architettura funeraria neolitica dell’Europa occidentale.
In tutta la Sardegna sono state identificate oltre 3.500 Domus de Janas, databili tra il 4000 e il 1800 a.C. Le prime vennero realizzate durante il Neolitico Medio e continuarono a essere utilizzate fino all’inizio dell’età nuragica. Il nome significa letteralmente “case delle fate”, a indicare – secondo la tradizione popolare – l’aspetto incantato e misterioso di questi ambienti scavati nella roccia, spesso riccamente decorati con simboli incisi o dipinti.
Distribuite in numerose necropoli, da nord a sud dell’isola, le Domus de Janas mostrano una varietà sorprendente di forme, dimensioni e complessità architettoniche: alcune sono composte da semplici celle funerarie, altre riproducono in miniatura l’interno delle abitazioni neolitiche, complete di portali scolpiti, colonne, architravi e motivi simbolici legati al culto dei morti.
Il riconoscimento dell’UNESCO è frutto di una lunga collaborazione tra il Ministero della Cultura, la Regione Sardegna, le Università sarde e numerosi comuni e soprintendenze archeologiche. “Un traguardo storico che rafforza il senso di identità e appartenenza delle nostre comunità e crea nuove occasioni di crescita per l’intera isola”, ha dichiarato la presidente della Regione Alessandra Todde.
Il passo successivo sarà quello di trasformare questo risultato in un volano per la valorizzazione e la tutela dei siti. Sono già in corso i primi interventi per migliorare l’accessibilità, la sicurezza e la fruizione culturale delle necropoli principali, come Anghelu Ruju (nei pressi di Alghero), Montessu (Villaperuccio), Santu Pedru (Ploaghe), Sa Domu ’e S’Orcu (Sarroch) e Sant’Andrea Priu (Bonorva), che diventeranno nodi strategici di un itinerario culturale sostenibile attraverso il paesaggio preistorico sardo.
L’obiettivo, come sottolineato anche dalla Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, è far conoscere al mondo il valore universale di queste testimonianze millenarie, rendendole accessibili alle nuove generazioni, ai visitatori e agli studiosi. Un patrimonio che non appartiene solo alla Sardegna, ma a tutta l’umanità.












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