La settimana scorsa ho partecipato a Cagliari alla presentazione del libro di Raimondo Schiavone “La formula chimica dell’amore”, una riflessione filosofica sull’equilibrio variabile delle componenti di ogni rapporto umano che implichi un coinvolgimento fisico-emotivo.
Stabilità, amore e sesso sono i tre pilastri dell’identità relazionale di ciascuno, che il sagace autore scompone e ricompone in differenti dosi, proponendo ponderazioni quantitative e qualitative estrapolate da deliziosi racconti di vita vissuta, sdrammatizzati nella loro profondità dalla scrittura ironica – ma lieve – di Schiavone.
Nel corso della storia della filosofia occidentale l’amore, concepito come la sintesi tra stabilità relazionale e desiderio sessuale, è stato una delle tematiche più approfondite e dibattute; dalla Grecia antica fino alle teorie contemporanee, filosofi e pensatori hanno tentato di comprenderne la natura, il significato e le implicazioni esistenziali, morali e sociali.
L’analisi filosofica dell’amore si è evoluta da intuizioni cosmologiche e mitiche, passando per la spiritualizzazione cristiana e l’approccio razionalista moderno, fino alle attuali concezioni psicologiche ed evoluzionistiche.
Nessun pensiero filosofico ha saputo ridurre l’amore a una sola dimensione, perché la sua forza è proprio la capacità di integrare opposti tanto che, ogni epoca, ha cercato di comprendere la tensione tra stabilità e desiderio sessuale, tra l’anelito verso l’unità duratura e la spinta verso il piacere e la novità.
Il merito di questo libro è l’aver raccolto una così impegnativa eredità per proporre, nero su bianco, una frizzante (ma non banale) analisi in chiave contemporanea di quello che è uno degli intimi umani dibattimenti – che ci accompagna per tutta la vita causandoci una discontinua inquietudine – e che l’autore, con un colpo di genio, ha condensato in una formula ispirata al linguaggio scientifico, un’equazione con tanto di esponenti, che mappa trama e ordito dei legami amorosi: la S.A.S, Stabilità + Amore + Sesso.
Le intuizioni che a mio avviso rendono l’analisi di Schiavone inedita, sono l’aver palesato in modo chiaro e attuale i tre “ingredienti” fondanti le relazioni (che lo psicologo statunitense Robert Sternberg ha collocato negli anni Ottanta del secolo scorso nel modello concettuale della “Teoria Triangolare dell’amore”, con i nomi di intimità, passione, impegno) ed averli percorsi con un approccio filosofico, “olistico”; l’aver esplorato come mai prima la mutevole dinamicità di questi, nonché quanto la loro differente intensità influisca sull’esito dell’equazione portando a risultati peculiari, e l’aver analizzato la loro interazione con le altre variabili di contesto in gioco, come ad esempio età e condizione economica degli attori del rapporto. Ma il vero coupe de theatre, fors’anche perché del tutto inaspettato, è l’aver perfino determinato l’eccezione che scompagina il tutto e le sue regole: l’Amore Assoluto. La singolarità.
Originale e divertente la discussione degli otto pensatori, ambientata al <Caffè dell’Eternità>, che conclude, al capitolo 13, questo appassionante libro, e che vede intellettuali appartenenti ad epoche differenti – quali Schopenhauer, Rilke, Nietzsche, Platone, Sartre, Freud, Levinas e Weil – confrontarsi virtualmente sul tema “Filosofia SAS”, scambiandosi riflessioni ed opinioni in merito.
Per parafrasare l’ultimo atto dello scambio di vedute tra gli illustri avventori del <Caffè dell’Eternità>, ogni amore è un esperimento. Ogni esperimento una domanda. E ogni domanda, ancora una volta, un inizio che ci invita a reinventarci e a scegliere se restare.
“La formula chimica dell’amore” è una riflessione aperta che ci lascia con la certezza che l’amore, il sesso e la stabilità nei rapporti sono un intreccio di fragilità e forza, slancio e resistenza e che nel continuo oscillare tra la ricerca della passione e il bisogno di sicurezza, impariamo che nessun equilibrio rimane fermo per sempre, perché ogni giorno richiede nuove domande, atti di fiducia e piccoli aggiustamenti. E così, come in ogni esperimento, solo accettando il rischio dell’incertezza possiamo scoprire qualcosa di autenticamente nostro.
(Virginia Nicoletti)

