(Federica Cannnas) – Quando nel 1965 Guido Crepax fa apparire per la prima volta Valentina, nessuno immagina che il personaggio di un fumetto possa diventare un’icona culturale, capace di attraversare decenni e influenzare la percezione stessa della donna e della narrativa disegnata. Valentina Rosselli nasce in un’Italia che ha appena imboccato la strada della modernità, ma che porta ancora addosso il peso dei tabù e delle convenzioni. Eppure, nelle sue pagine, già si intravede un mondo nuovo. Quello in cui una donna può essere fragile e forte, ironica e sensuale, colta e popolare, reale e onirica.
Valentina non è un’eroina tradizionale. È una fotografa milanese, immersa nella sua epoca. Ma proprio in questo sta la sua rivoluzione. Essere un personaggio che non ha bisogno di superpoteri per affascinare. Valentina parla al lettore con i suoi sogni, i suoi incubi, le sue ossessioni, con quella capacità di vivere la vita quotidiana.
Crepax le dà un volto riconoscibile. Il caschetto nero ispirato a Louise Brooks, gli occhi intensi, il corpo sensuale. Ma Valentina non è mai solo bellezza o sensualità. È anche introspezione, inquietudine, ironia. In lei si intrecciano la Milano della moda e quella delle avanguardie artistiche, il desiderio e la curiosità intellettuale, la leggerezza e la profondità. Ogni tavola di Crepax è un esercizio di stile, in cui il fumetto si libera dalle regole classiche della vignetta e diventa linguaggio sperimentale. Sequenze spezzate, prospettive, ritmo quasi musicale. Si entra in un flusso visivo che cattura.
Valentina è figlia degli anni Sessanta, e non poteva essere altrimenti. Rappresenta la voglia di libertà di una generazione che voleva scrollarsi di dosso il conformismo, parlare apertamente di desiderio e di sogni. Valentina è sempre protagonista, mai comprimaria.
Non a caso, la sua influenza ha superato i confini del fumetto. È entrata nelle gallerie d’arte, nei dibattiti accademici, nelle icone pop della moda e del costume. È stata paragonata alle dive del cinema muto, ma anche alle protagoniste della letteratura surrealista. Ha contaminato il linguaggio del fumetto, certo, ma anche quello del cinema, della fotografia, della grafica.
C’è in Valentina una dimensione che la rende eterna. I suoi sogni diventano visioni, i suoi incubi si trasformano in racconti surreali, i suoi desideri in confessioni delicate. Non è un personaggio statico, oggi ironica, domani malinconica, dopodomani sensuale. Questa mutevolezza la avvicina alla vita vera, alle contraddizioni di chiunque, e allo stesso tempo la rende simbolica, quasi universale.
Guardando indietro, si capisce quanto abbia contribuito a cambiare l’idea stessa del fumetto in Italia. Capace di mescolare cultura alta e cultura popolare. Con lei, Crepax ha costruito un ponte tra la tradizione del fumetto e la sperimentazione artistica, tra il linguaggio delle vignette e quello della letteratura.
Forse il segreto di Valentina sta proprio nella sua doppia natura quotidiana e visionaria, vicina e inafferrabile. È la donna che vive a Milano ma sogna mondi paralleli, è la fotografa realista e la viaggiatrice dei sogni. Non si lascia mai definire del tutto, ed è in questa impossibilità che risiede il suo fascino.
Oggi, rileggere Valentina significa anche riflettere sul modo in cui la rappresentazione femminile si è evoluta nel tempo. Non è più solo simbolo di emancipazione, ma anche testimonianza di un’epoca in cui la donna cominciava a prendersi la scena. Ed è forse questo che la rende ancora attuale. La sua capacità di parlare come figura che continua a interrogare il nostro presente.
Valentina non ha bisogno di salvare il mondo. Le basta salvarci dalla banalità, ricordandoci che anche un sogno, un desiderio, possono essere materia di arte. Nel segno di Guido Crepax, ha trasformato il fumetto in un viaggio dentro l’anima.
Valentina non è un’eroina tradizionale. È una fotografa milanese, immersa nella sua epoca. Ma proprio in questo sta la sua rivoluzione. Essere un personaggio che non ha bisogno di superpoteri per affascinare. Valentina parla al lettore con i suoi sogni, i suoi incubi, le sue ossessioni, con quella capacità di vivere la vita quotidiana.
Crepax le dà un volto riconoscibile. Il caschetto nero ispirato a Louise Brooks, gli occhi intensi, il corpo sensuale. Ma Valentina non è mai solo bellezza o sensualità. È anche introspezione, inquietudine, ironia. In lei si intrecciano la Milano della moda e quella delle avanguardie artistiche, il desiderio e la curiosità intellettuale, la leggerezza e la profondità. Ogni tavola di Crepax è un esercizio di stile, in cui il fumetto si libera dalle regole classiche della vignetta e diventa linguaggio sperimentale. Sequenze spezzate, prospettive, ritmo quasi musicale. Si entra in un flusso visivo che cattura.
Valentina è figlia degli anni Sessanta, e non poteva essere altrimenti. Rappresenta la voglia di libertà di una generazione che voleva scrollarsi di dosso il conformismo, parlare apertamente di desiderio e di sogni. Valentina è sempre protagonista, mai comprimaria.
Non a caso, la sua influenza ha superato i confini del fumetto. È entrata nelle gallerie d’arte, nei dibattiti accademici, nelle icone pop della moda e del costume. È stata paragonata alle dive del cinema muto, ma anche alle protagoniste della letteratura surrealista. Ha contaminato il linguaggio del fumetto, certo, ma anche quello del cinema, della fotografia, della grafica.
C’è in Valentina una dimensione che la rende eterna. I suoi sogni diventano visioni, i suoi incubi si trasformano in racconti surreali, i suoi desideri in confessioni delicate. Non è un personaggio statico, oggi ironica, domani malinconica, dopodomani sensuale. Questa mutevolezza la avvicina alla vita vera, alle contraddizioni di chiunque, e allo stesso tempo la rende simbolica, quasi universale.
Guardando indietro, si capisce quanto abbia contribuito a cambiare l’idea stessa del fumetto in Italia. Capace di mescolare cultura alta e cultura popolare. Con lei, Crepax ha costruito un ponte tra la tradizione del fumetto e la sperimentazione artistica, tra il linguaggio delle vignette e quello della letteratura.
Forse il segreto di Valentina sta proprio nella sua doppia natura quotidiana e visionaria, vicina e inafferrabile. È la donna che vive a Milano ma sogna mondi paralleli, è la fotografa realista e la viaggiatrice dei sogni. Non si lascia mai definire del tutto, ed è in questa impossibilità che risiede il suo fascino.
Oggi, rileggere Valentina significa anche riflettere sul modo in cui la rappresentazione femminile si è evoluta nel tempo. Non è più solo simbolo di emancipazione, ma anche testimonianza di un’epoca in cui la donna cominciava a prendersi la scena. Ed è forse questo che la rende ancora attuale. La sua capacità di parlare come figura che continua a interrogare il nostro presente.
Valentina non ha bisogno di salvare il mondo. Le basta salvarci dalla banalità, ricordandoci che anche un sogno, un desiderio, possono essere materia di arte. Nel segno di Guido Crepax, ha trasformato il fumetto in un viaggio dentro l’anima.