Il legame tra arte e scienza attraversa i secoli ed è stato uno dei motori nascosti di molti cambiamenti, tanto nel pensiero quanto nella forma in cui osserviamo il mondo.
Se si guarda indietro nella storia, si scopre che il rapporto tra arte e scienza è sempre stato tutt’altro che semplice o statico. Da sempre, questi due mondi hanno trovato un fertile campo di incontro, dove l’ingegno dell’uomo si esercita sia nell’immaginare mondi possibili che nel tentare di comprendere le leggi nascoste della realtà. Più che una semplice condivisione di conoscenze, si tratta di un vero e proprio scambio: la scienza punta a spiegare, l’arte cerca di evocare, ma entrambe – spesso senza accorgersene – finiscono per nutrirsi l’una dell’altra, offrendo nuovi modi di vedere ciò che ci circonda.
Basta pensare a certi episodi storici per rendersene conto. Nell’epoca d’oro della civiltà islamica, ad esempio, scienziati e artisti lavoravano fianco a fianco. La matematica, la calligrafia e la decorazione si intrecciavano in architetture e ceramiche di rara eleganza, dove ogni dettaglio era allo stesso tempo studio accurato e piacere estetico. E durante il Rinascimento, in Italia, la figura di Leonardo da Vinci incarna perfettamente questa fusione: non c’è differenza tra il disegno di una macchina e lo studio di un volto, tra le proporzioni matematiche e la ricerca di una particolare luce. La sua Monna Lisa, ormai celeberrima, diventa così una sorta di ponte tra la matematica e le emozioni umane.
L’architettura offre un altro esempio chiaro di contaminazione: chiunque abbia visitato la Sagrada Familia ne conosce l’impatto emotivo, dovuto anche alle forme ispirate dalla natura, interpretate con strumenti presi in prestito dalla biologia e dalla geometria. Gaudí, in questo senso, non si limita a costruire, ma reinventa la logica stessa della crescita, portando nel cuore di Barcellona l’eco di processi naturali osservati con occhio da scienziato.
Certo, con l’avanzare dell’Ottocento, si è diffusa l’idea che arte e scienza dovessero occupare spazi separati: la specializzazione divenne quasi una necessità, si valorizzava la ricerca rigorosa nei laboratori e la libera creatività negli studi d’artista. Eppure, questa netta divisione ha retto solo sulla carta. In pratica, la voglia di superare i confini, sperimentare tecniche nuove e mescolare saperi non è mai venuta meno. Non a caso, persino gli scienziati, per visualizzare fenomeni complessi, hanno sempre fatto affidamento alle immagini e alle soluzioni elaborate dagli artisti. Allo stesso modo, molti artisti hanno ragionato come esploratori della natura, attenti a ogni dettaglio, a ogni nuova scoperta proveniente dal mondo scientifico.
Oggi, questo scambio sembra essere tornato di moda con forza e originalità. Gli artisti si avvicinano alla tecnologia, usano strumenti come l’intelligenza artificiale, le realtà aumentate, i robot e software informatici per realizzare opere che talvolta somigliano più a esperimenti che a quadri o sculture tradizionali. Nell’ambiente contemporaneo, figure come Refik Anadol, Olafur Eliasson o Takashi Murakami sperimentano nuove forme e nuovi linguaggi, invitando chi osserva a partecipare in modo attivo, quasi fisico, alle loro creazioni digitali e installative.
Ma la novità vera forse sta nel fatto che questa collaborazione non si limita più alla produzione di oggetti o effetti spettacolari. Sempre più spesso, la contaminazione fra arte e scienza dà origine a modi diversi di pensare, indispensabili per affrontare questioni complesse come il futuro delle città, la salute pubblica, l’educazione, l’ambiente. Non a caso, istituzioni di rilievo internazionale – dal MIT di Boston al Wellcome Trust di Londra, passando per il CERN in Svizzera – hanno aperto le porte agli artisti, pronti a lasciarsi contaminare da linguaggi e prospettive inedite nella speranza di comprendere in profondità le sfide del nostro tempo.
Giunti a questo punto, è sempre più difficile distinguere nettamente dove finisca l’una e cominci l’altra: sia l’arte che la scienza condividono infatti la stessa sete di scoperta e lo stesso coraggio di tentare strade nuove. Sono, per natura, imprevedibili e aperte all’errore, capaci di trasformare intuizioni casuali e momenti di dubbio in occasioni di crescita. In fondo, ogni laboratorio, come ogni bottega, è un luogo dove la creatività e il rigore si danno la mano, portando a risultati che sorprendono tanto gli scienziati quanto gli artisti stessi.
(Virginia Nicoletti)












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