Il 5 giugno si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Ambiente, quest’anno dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica. Istituita nel 1972 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e promossa dall’UNEP, l’agenzia ONU specializzata nella tutela ambientale e nella promozione dell’utilizzo sostenibile delle risorse naturali, rappresenta un appello all’azione rivolto a tutti, per coinvolgere emotivamente la popolazione mondiale e stimolare un senso di responsabilità comune su diversi temi ecologicamente rilevanti.
Riflettendo sullo spirito positivo e proattivo di questa emblematica giornata, che ci ricorda con speranza che abbiamo ancora la possibilità e il dovere di agire per scongiurare conseguenze irreversibili, mi sono ritrovata a pensare a quello che è considerato uno dei simboli più duraturi e iconici dell’ansia collettiva dell’umanità verso la propria capacità di autodistruzione, un vero e proprio “allarme visivo”, ovvero all’Orologio dell’Apocalisse, o Doomsday Clock.
Concepito nel 1947 da Martyl Langsdorf come illustrazione della copertina del numero di giugno del “Bulletin of the Atomic Scientists” (rivista pubblicata da un gruppo di ricercatori che aveva lavorato alla bomba atomica nel Progetto Manhattan), l’orologio è un’opera d’arte che, con un’immagine potente e immediata, è in grado di comunicare universalmente la gravità della situazione, attraverso il posizionamento delle sue lancette rispetto alla mezzanotte – intesa come punto di non ritorno -. Nato come monito contro le armi nucleari, l’Orologio dell’Apocalisse oggi integra e sintetizza tutte le minacce globali all’esistenza che gravano sulla civiltà.
Martyl Langsdorf, nata nel 1917 da madre pittrice e padre fotografo, all’epoca era già un’artista affermata con una predilezione per paesaggi astratti e nature morte, ed era spostata con Alexander Langsdorf Jr., fisico e veterano del Progetto Manhattan. Quando le fu chiesto dal marito di creare una copertina che catturasse il messaggio del Bulletin, posta all’incrocio tra arte e scienza, pace e pericolo, Martyl, legando per sempre uanla sua vita e la sua opera a questa penetrante immagine, disegnò un orologio dal design semplice ma incisivo, la cui forza risiedeva (e risiede) nell’universalità della metafora del tempo che scorre, immediatamente comprensibile, indipendentemente da lingua o cultura.
Nel corso dei decenni l’Orologio dell’Apocalisse è stato regolato in base all’evoluzione dei rischi globali, non come strumento scientifico, ma in qualità di indicatore metaforico e di barometro del pericolo esistenziale, secondo il giudizio del “Science and Security Board” del Bulletin (che include premi Nobel ed esperti in politica nucleare, scienze climatiche e tecnologie emergenti). Il suo scopo non è predire il futuro, ma avvertire e mobilitare. Le sue lancette, che si sono mosse avanti e indietro riflettendo momenti di speranza e di pericolo,
oggi sono ferme a un soffio dalla mezzanotte, memento che le minacce che affrontiamo non sono astratte o lontane, ma immediate e interconnesse.
La crisi climatica, l’emergenza ecologica, la proliferazione nucleare e l’avanzata incontrollata delle tecnologie dirompenti, derivano tutte dalla stessa sfida fondamentale, ovverosia la necessità di bilanciare l’ambizione umana con i limiti planetari, l’innovazione con la precauzione, il progresso con la responsabilità.
La perdurante risonanza dell’orologio testimonia la visione artistica di Martyl Langsdorf: lei comprese che per comunicare davvero il pericolo, l’arte doveva provocare una risposta emotiva, scuotere lo spettatore dall’indifferenza. I suoi paesaggi, contemplativi e sereni, sono in netto contrasto con l’immediatezza e l’allarme dell’orologio, ma entrambe le produzioni riflettono la sua sensibilità verso la bellezza e la fragilità del mondo.
L’intersezione tra arte e ambiente è evidente nell’Orologio dell’Apocalisse. La creazione di Martyl Langsdorf non è solo un esercizio di grafica, ma un’opera d’arte che ha plasmato il discorso pubblico per quasi ottant’anni. Essa esemplifica il potere dell’arte di distillare realtà scientifiche complesse in un’unica immagine indimenticabile, capace di parlare sia all’intelletto che alle emozioni. La presenza dell’orologio in mostre, proteste e materiali educativi testimonia il suo ruolo di ponte tra scienza e società, tra dati e azione. L’arte, in questo contesto, non è una riflessione passiva della realtà ma un agente attivo di cambiamento, capace di ispirare individui e comunità a confrontarsi con verità scomode e a chiedere responsabilità ai leader.
L’eredità di Martyl Langsdorf e dell’Orologio dell’Apocalisse è particolarmente significativa in rapporto con la Giornata Mondiale dell’Ambiente, perché i temi di quest’ultima —restauro, resilienza, responsabilità—risuonano profondamente con il messaggio dell’orologio: la finestra per un’azione significativa si sta chiudendo, e le scelte che facciamo oggi determineranno il destino delle generazioni future.
(Virginia Nicoletti)












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