(Federica Perri) – «Il cinema è la truffa più bella del mondo». Lo diceva Jean-Luc Godard, nato a Parigi il 3 dicembre 1930, un autore che ha riscritto le regole del cinema e della creatività. Maestro della Nouvelle vague, quella di Truffaut, Rivette, Chabrol e Rohmer, Godard ha trasformato lo schermo in un luogo di libertà, pensiero e meraviglia, invitando generazioni di registi e spettatori a guardare il mondo con occhi nuovi.
Si formò come critico ai Cahiers du Cinéma, rivista che divenne la culla della Nouvelle Vague. Da quel laboratorio teorico prese forma l’idea di un cinema agile, personale, capace di spezzare la sintassi tradizionale per raccontare la verità del presente. Il suo esordio del 1960, Fino all’ultimo respiro, fu un terremoto: jump cut, macchina a mano, dialoghi improvvisati, attori che guardano in camera, montaggio come gesto politico. Il pubblico vide qualcosa che non aveva mai visto. Il cinema, semplicemente, non fu più lo stesso.
Negli anni Sessanta firmò una serie ininterrotta di opere che divennero subito iconiche. Nei suoi film convivevano riflessioni sulla società dei consumi, tensioni politiche, amori irrisolti, immagini pop e citazioni letterarie. Dalle sperimentazioni politiche di Week-end (1967) e La cinese (1967) ai lavori più intimi e filosofici come Passion (1982) e Prénom Carmen (1983), ogni suo film è stato un gesto di coraggio e di invenzione, un invito a interrogarsi sul senso delle immagini e della vita stessa. «Il cinema è la verità ventiquattro volte al secondo» ripeteva, trasformando quella frase in un manifesto estetico. Opere come Il disprezzo (1963), Pierrot le fou (1965) o Masculin Féminin (1966) portarono sullo schermo un nuovo modo di guardare il mondo: più fratturato, più sincero, più libero.
Dopo il 1968 la sua ricerca si fece ancora più radicale. Il cinema diventò strumento di militanza, esperimento collettivo, laboratorio politico. Godard non smise mai di interrogarsi sul ruolo delle immagini: chi le produce, chi le consuma, come influenzano la società. Dagli anni Ottanta in poi tornò a una forma poetica e filosofica, culminata nel monumentale progetto Histoire(s) du cinéma (1988), un’opera-saggio che ripercorre un secolo di film come fosse una memoria in frantumi.
Il suo spirito inquieto non conobbe tregua neppure in età avanzata. Sperimentò il digitale, il video, il 3D, fino a firmare nel 2014 Adieu au langage, un film stereoscopico che ancora una volta scioglieva e reinventava le regole.
Il 13 settembre 2022 arrivò dalla Svizzera la notizia della sua morte: aveva scelto di rivolgersi a un’organizzazione per il suicidio assistito. Secondo un amico vicino al regista, il suo corpo non riusciva più a sostenere le difficoltà quotidiane e diverse patologie invalidanti gli impedivano una vita normale. La sua scomparsa si è inserita in un dibattito ancora aperto in molti altri Stati. Oggi, a 95 anni dalla nascita, l’eredità di Godard riecheggia in un invito a spingersi oltre, a immaginare il cinema come un pensiero in movimento.












![[ID: Et74N5OHM3g] Youtube Automatic](https://matextv.com/revolution/wp-content/uploads/2023/06/id-et74n5ohm3g-youtube-automatic-1-360x203.jpg)
![[ID: 7b2s2bD-P2E] Youtube Automatic](https://matextv.com/revolution/wp-content/uploads/2023/06/id-7b2s2bd-p2e-youtube-automatic-1-360x203.jpg)
![[ID: hQoGsPscK8Q] Youtube Automatic](https://matextv.com/revolution/wp-content/uploads/2023/06/id-hqogspsck8q-youtube-automatic-1-360x203.jpg)
![[ID: XLLgCdK0TKk] Youtube Automatic](https://matextv.com/revolution/wp-content/uploads/2023/06/id-xllgcdk0tkk-youtube-automatic-1-360x203.jpg)


















e poi scegli l'opzione