(Federica Cannas) – Un tempo teatro, oggi libreria. L’El Ateneo Grand Splendid conserva ancora l’anima del palcoscenico. Qui il silenzio della lettura ha preso il posto degli applausi, senza spegnere la magia. Nel cuore di Buenos Aires, lungo l’Avenida Santa Fe, questo luogo straordinario custodisce un’anima duplice, sospesa tra la magnificenza della sua storia e la magia silenziosa dei libri. È come un abbraccio che, nello stesso tempo, unisce passato e presente.
Quando aprì nel maggio 1919, il Teatro Gran Splendid era già destinato a lasciare un segno. L’imprenditore Max Glücksmann lo volle sontuoso, un palcoscenico per la bellezza e la modernità. Gli architetti Peró e Torres Armengol gli diedero forme eleganti, il pittore Nazareno Orlandi affrescò la cupola con una danza di figure allegoriche, mentre lo scultore Troiano Troiani scolpì cariatidi che ancora oggi vegliano sugli spettatori lettori. Ogni dettaglio sembra ancora parlare di quella meraviglia.
Qui si esibivano i grandi del tango, da Carlos Gardel a Roberto Firpo, e negli anni Venti arrivarono perfino i primi film sonori proiettati in Argentina. Le poltrone di velluto rosso accoglievano un pubblico curioso, pronto a lasciarsi sorprendere dalla musica, dalla poesia, dal cinema. Era un luogo in cui l’arte sapeva commuovere e sorprendere, come un cuore che batteva al ritmo della città.
Quasi un secolo dopo, nel 2000, lo spazio ha conosciuto una metamorfosi che ne ha esaltato la bellezza. Il Grupo Ilhsa affidò all’architetto Fernando Manzone il compito di trasformarlo in libreria. E accadde la magia. I palchi sono rimasti, la cupola affrescata splende ancora, il sipario incornicia oggi un caffè elegante, dove i clienti sfogliano libri mentre sorseggiano un mate o un espresso, immersi in un’atmosfera che invita a sognare.
Gli scaffali hanno preso il posto delle poltrone, riempiendo la platea di migliaia di volumi. Le gallerie, un tempo riservate agli spettatori, ospitano oggi sale di lettura intime, dove la gente si siede in silenzio a leggere, quasi in una comunione laica con l’arte. È come se le parole scritte avessero preso il posto delle note, trasformando lo spazio in un concerto infinito di storie.
Come scrisse The Guardian nel 2008, definendola la seconda libreria più bella del mondo, “qui i libri hanno trovato una cattedrale e i lettori sono pellegrini che arrivano da ogni angolo del pianeta”.
Nel 2019, la consacrazione definitiva. Il National Geographic incorona El Ateneo Grand Splendid come la libreria più bella del mondo. Una definizione che non è un’esagerazione, ma la naturale conseguenza di un incontro tra architettura, storia e letteratura.
Ogni anno vi entrano oltre un milione di visitatori. Alcuni per comprare un libro, altri semplicemente per respirare l’atmosfera. E molti, alla fine, rimangono ore a camminare lentamente, salendo e scendendo dai palchi, fermandosi davanti agli affreschi, o sfogliando volumi come se il tempo fosse sospeso. È un pellegrinaggio silenzioso che unisce chiunque vi entri.
Un visitatore ha scritto su un blog di viaggi “Non ho mai visto nulla di simile, è come leggere dentro un sogno”.
Nonostante la sua fama internazionale, El Ateneo non è solo un luogo da fotografare. Al centro della scena c’è il caffè sul palco, dove un tempo si muovevano gli attori. Ora i tavolini sostituiscono le scenografie, e l’odore di caffè si mescola a quello della carta stampata, creando un profumo unico, difficile da dimenticare.
Ogni dettaglio architettonico sembra ricordare al visitatore la bellezza della cultura.
Camminando tra gli scaffali, ci si accorge che questo non è un luogo nostalgico. Trasformare un teatro in una libreria significa dire che la scrittura può avere lo stesso potere del palcoscenico, la stessa forza evocativa di un’orchestra, la stessa capacità di creare comunità.
Buenos Aires è una città che ha sempre vissuto di libri e di musica. Non è un caso che proprio qui si trovi un luogo simile, che racconta come la cultura sappia rinnovarsi, senza perdere la memoria.
All’El Ateneo Grand Splendid si entra per respirare la storia, per ascoltare le voci del passato che dialogano con quelle dei libri, per sentirsi parte di qualcosa che continua a parlare di bellezza.
Quando aprì nel maggio 1919, il Teatro Gran Splendid era già destinato a lasciare un segno. L’imprenditore Max Glücksmann lo volle sontuoso, un palcoscenico per la bellezza e la modernità. Gli architetti Peró e Torres Armengol gli diedero forme eleganti, il pittore Nazareno Orlandi affrescò la cupola con una danza di figure allegoriche, mentre lo scultore Troiano Troiani scolpì cariatidi che ancora oggi vegliano sugli spettatori lettori. Ogni dettaglio sembra ancora parlare di quella meraviglia.
Qui si esibivano i grandi del tango, da Carlos Gardel a Roberto Firpo, e negli anni Venti arrivarono perfino i primi film sonori proiettati in Argentina. Le poltrone di velluto rosso accoglievano un pubblico curioso, pronto a lasciarsi sorprendere dalla musica, dalla poesia, dal cinema. Era un luogo in cui l’arte sapeva commuovere e sorprendere, come un cuore che batteva al ritmo della città.
Quasi un secolo dopo, nel 2000, lo spazio ha conosciuto una metamorfosi che ne ha esaltato la bellezza. Il Grupo Ilhsa affidò all’architetto Fernando Manzone il compito di trasformarlo in libreria. E accadde la magia. I palchi sono rimasti, la cupola affrescata splende ancora, il sipario incornicia oggi un caffè elegante, dove i clienti sfogliano libri mentre sorseggiano un mate o un espresso, immersi in un’atmosfera che invita a sognare.
Gli scaffali hanno preso il posto delle poltrone, riempiendo la platea di migliaia di volumi. Le gallerie, un tempo riservate agli spettatori, ospitano oggi sale di lettura intime, dove la gente si siede in silenzio a leggere, quasi in una comunione laica con l’arte. È come se le parole scritte avessero preso il posto delle note, trasformando lo spazio in un concerto infinito di storie.
Come scrisse The Guardian nel 2008, definendola la seconda libreria più bella del mondo, “qui i libri hanno trovato una cattedrale e i lettori sono pellegrini che arrivano da ogni angolo del pianeta”.
Nel 2019, la consacrazione definitiva. Il National Geographic incorona El Ateneo Grand Splendid come la libreria più bella del mondo. Una definizione che non è un’esagerazione, ma la naturale conseguenza di un incontro tra architettura, storia e letteratura.
Ogni anno vi entrano oltre un milione di visitatori. Alcuni per comprare un libro, altri semplicemente per respirare l’atmosfera. E molti, alla fine, rimangono ore a camminare lentamente, salendo e scendendo dai palchi, fermandosi davanti agli affreschi, o sfogliando volumi come se il tempo fosse sospeso. È un pellegrinaggio silenzioso che unisce chiunque vi entri.
Un visitatore ha scritto su un blog di viaggi “Non ho mai visto nulla di simile, è come leggere dentro un sogno”.
Nonostante la sua fama internazionale, El Ateneo non è solo un luogo da fotografare. Al centro della scena c’è il caffè sul palco, dove un tempo si muovevano gli attori. Ora i tavolini sostituiscono le scenografie, e l’odore di caffè si mescola a quello della carta stampata, creando un profumo unico, difficile da dimenticare.
Ogni dettaglio architettonico sembra ricordare al visitatore la bellezza della cultura.
Camminando tra gli scaffali, ci si accorge che questo non è un luogo nostalgico. Trasformare un teatro in una libreria significa dire che la scrittura può avere lo stesso potere del palcoscenico, la stessa forza evocativa di un’orchestra, la stessa capacità di creare comunità.
Buenos Aires è una città che ha sempre vissuto di libri e di musica. Non è un caso che proprio qui si trovi un luogo simile, che racconta come la cultura sappia rinnovarsi, senza perdere la memoria.
All’El Ateneo Grand Splendid si entra per respirare la storia, per ascoltare le voci del passato che dialogano con quelle dei libri, per sentirsi parte di qualcosa che continua a parlare di bellezza.