(Federica Cannas) – Talvolta l’errore smonta certezze, inventa linguaggi. È così che imparano oggi le intelligenze artificiali. Sbagliando, correggendosi, ricominciando. Ed è così che, più di cinquant’anni fa, qualcuno aveva già intuito che sbagliare può essere creativo, che combinare parole in modo sbagliato genera mondi nuovi, che imparare è un gioco serissimo. Qualcuno che ha scritto un manifesto visionario, La grammatica della fantasia. E che si chiamava Gianni Rodari.
Se oggi vogliamo immaginare nuove forme di innovazione educativa, possiamo partire anche da lì. Da chi ha fatto della libertà il centro del suo modo di pensare e insegnare.
Gianni Rodari non ha mai pensato che la scuola servisse a produrre studenti perfetti.
Per lui l’educazione era un atto di libertà. E la libertà passa anche per l’errore.
Un principio semplice, quasi banale. Eppure oggi dimenticato. Nell’ossessione per il risultato, per le competenze da certificare, per la prestazione valutabile, abbiamo tolto all’errore il suo potere creativo. Lo abbiamo trasformato in fallimento. Per Rodari, invece, l’errore era da esplorare.
Un bambino scrive “Il cavallo fa le uova”. Perfetto. È l’inizio di un racconto. Un cortocircuito nella logica da cui può nascere un intero universo.
Oggi coding, robotica educativa sono strumenti preziosi per stimolare logica, progettazione, problem solving.
E proprio in questi spazi, tra sensori, motori e linguaggi di programmazione, può germogliare anche la fantasia tanto cara a Gianni Rodari.
Perché un bambino che programma un robot, se ha la libertà di immaginare, potrà inventare anche la storia di quel robot.
Dargli un nome strano. Una missione impossibile. Un cuore poetico.
E lì, la tecnologia incontra l’immaginazione.
Gianni Rodari permette di navigare tra gli errori e trasformarli in possibilità.
Nel suo universo non c’è gerarchia tra fantasia e realtà. La fantasia è una forma di realtà. Forse la più urgente.
In tempi di crisi ecologica, crisi educativa, crisi politica, abbiamo bisogno di persone capaci di pensare l’impossibile, di generare soluzioni nuove, di immaginare futuri alternativi. E Rodari ci insegna come pensare in modo libero.
Era un giornalista, un pedagogo, un militante culturale.
E ogni sua filastrocca è un’arma gentile contro l’omologazione.
Nel mondo della tecnologia si parla di machine learning. Gli algoritmi imparano dagli errori. Perché allora noi ci ostiniamo a punirli?
Rodari proponeva un’educazione fondata sul diritto all’errore come esercizio di libertà.
Un bambino che sbaglia va accompagnato a scoprire cosa può nascere da quell’errore.
E questa è la lezione più innovativa che possa esserci. Perché viviamo in un tempo che premia chi è veloce, ma non chi è profondo. Perché l’educazione ha bisogno di rigenerarsi. Perché un bambino che inventa una storia, sta già programmando il proprio modo di stare nel mondo.
Rodari è stato un precursore silenzioso di tutto ciò che oggi chiamiamo innovazione.
La sua rivoluzione non è finita.
Vive in ogni bambino che viene lasciato libero di inventare, in ogni maestra che accoglie l’errore, in ogni scuola che lascia spazio alla meraviglia.
Se vogliamo davvero preparare le nuove generazioni al futuro, dobbiamo insegnare loro a immaginarlo.
E per farlo, non c’è tecnologia più avanzata della fantasia.
In ogni laboratorio dove si programma un robot, in ogni aula dove si scrive una storia “sbagliata”, c’è ancora Rodari che sorride, e indica una strada.
Quella della libertà.
“A chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione;
a chi ha fiducia nella creatività infantile;
a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola”.












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