(Federica Cannas) – Per scoprire una delle forme d’arte più autentiche dell’Argentina, basta camminare per le strade di Buenos Aires. Qui, tra botteghe, autobus e insegne, si intrecciano arabeschi di fiori, lettere barocche, frasi ironiche e santi popolari. È il fileteado porteño, un linguaggio visivo che racconta l’anima della città.
Nato a fine Ottocento come semplice decorazione dei carri che trasportavano merci, il fileteado era all’inizio un modo artigianale per distinguere un carro dall’altro. Ma, come spesso accade a Buenos Aires, dove il confine tra necessità e poesia è sottilissimo, quelle linee hanno preso vita. I pittori, spesso immigrati italiani, cominciarono a esagerare i tratti, ad aggiungere fiori, draghi.
Il fileteado è una filosofia popolare in pittura. Ogni curva, ogni fiore, ogni frase ha qualcosa da dire.
Nel corso del Novecento si è evoluto insieme a Buenos Aires. Dalle strade del porto è entrato nelle case, nei caffè, nei locali di tango. Ha dialogato con la politica e con la religione, ritraendo Evita accanto a San Cayetano, o un bandoneón accanto alla Vergine. Ha saputo essere ironico e sacro, popolare e sofisticato, rimanendo sempre fedele alla sua missione di rendere bello ciò che è quotidiano.
Non è un caso che nel 2015 l’UNESCO lo abbia dichiarato patrimonio immateriale dell’umanità. Ma in fondo, a Buenos Aires, il fileteado non ha mai avuto bisogno di certificati. È il suo modo di respirare a colori. Come il tango, è nato tra la polvere e la nostalgia, ma ha trovato la via per diventare universale.
Oggi gli artisti fileteadores continuano a dipingere muri, porte e insegne, con la stessa passione dei loro antenati. E chi arriva a Buenos Aires si accorge che sta leggendo la scrittura segreta di una città che non ha paura di esagerare, di mescolare sacro e profano, di dipingere persino la malinconia.
Il fileteado è l’arte che racconta Buenos Aires senza bisogno di parole. È il suo biglietto da visita, il suo sorriso e il suo segreto. Basta seguirne i colori per capire che è una dichiarazione d’amore alla vita, nella sua forma più popolare e autentica.
Eppure oggi il fileteado non si ferma più alle strade o alle insegne dei negozi. Ha trovato nuovi spazi nei quali fiorire. Loghi, tatuaggi, murales contemporanei, ma anche il mondo digitale. Le sue curve ridondanti e i suoi colori vibranti dialogano sorprendentemente bene con l’estetica dei social, trasformandosi in un linguaggio visivo capace di catturare l’attenzione anche negli spazi virtuali.
Così, tra un post su Instagram e un progetto grafico online, il fileteado continua a fare quello che ha sempre fatto. Raccontare storie, esagerare i tratti, trasformare l’ordinario e meravigliare. È la dimostrazione che un’arte popolare nata per distinguere i carri può oggi distinguere un’identità digitale, rimanendo fedele a se stessa e al suo cuore barocco.