(Federica Cannas) – I suoi murales sono manifesti di resistenza, memoria e appartenenza. Jorit ha trasformato la street art in un linguaggio universale, capace di raccontare storie potenti attraverso volti che sembrano vivi, sguardi che interrogano e cicatrici che segnano l’identità collettiva. Le sue opere parlano ai muri, ma soprattutto parlano alle persone, perché dietro ogni ritratto c’è un messaggio politico, una storia da non dimenticare, una lotta che continua.
Nato a Napoli nel 1990, Jorit Ciro Cerullo è diventato celebre per i suoi ritratti iperrealistici, dettagliati al punto da sembrare fotografie, ma con un elemento unico: le due strisce rosse sulle guance di ogni soggetto, un richiamo ai rituali tribali africani. Quelle cicatrici sono un simbolo potente: indicano che l’umanità è una sola tribù, senza distinzioni di razza, genere o classe sociale.
Questa sua visione si riflette nei volti che ha scelto di ritrarre. Pasolini, Maradona, Gramsci, Che Guevara, Martin Luther King, ma anche figure meno note al grande pubblico, accomunate dal coraggio di aver sfidato il potere e cambiato la storia.
Uno dei lavori più simbolici di Jorit è il murale dedicato a Salvador Allende, realizzato nel quartiere Barra di Napoli, nel Rione Cavour. Quest’opera, creata in collaborazione con l’artista cileno Mono González, è un potente tributo all’ex presidente cileno, rovesciato dal golpe militare di Pinochet nel 1973 e morto nel Palazzo della Moneda mentre difendeva la democrazia.
Il volto di Allende, al centro del murale, è circondato dalle opere di González, che rappresentano la memoria di chi ha perso la vita o è scomparso durante la dittatura di Pinochet. Questo murale rappresenta un messaggio chiaro e attuale: il sogno di un mondo più giusto non muore, anche di fronte alla repressione e al tradimento.
L’opera fa parte del progetto “Rione dei Sogni”, che mira a riqualificare il quartiere attraverso l’arte urbana, affrontando temi come la lotta per i diritti civili e l’inclusione sociale.
Il legame di Jorit con la storia del Sud America si riflette anche nel suo murale dedicato a Che Guevara, realizzato nel 2017 a San Giovanni a Teduccio, Napoli. L’opera, alta circa 15 metri, raffigura il volto del rivoluzionario argentino con la sua iconica espressione determinata e le cicatrici rosse simbolo della “tribù umana” di Jorit.
Il legame di Jorit con la storia del Sud America si riflette anche nel suo murale dedicato a Che Guevara, realizzato nel 2017 a San Giovanni a Teduccio, Napoli. L’opera, alta circa 15 metri, raffigura il volto del rivoluzionario argentino con la sua iconica espressione determinata e le cicatrici rosse simbolo della “tribù umana” di Jorit.
Jorit ha scelto Che Guevara perché rappresenta la lotta contro le ingiustizie e l’impegno per una società più equa. Questo murale è diventato un punto di riferimento nel quartiere e un simbolo di resistenza per chi continua a credere nei valori della giustizia sociale e dell’emancipazione dei popoli.
Jorit non si è mai limitato a dipingere, ma ha fatto della sua arte un atto politico e sociale. Lo ha dimostrato nel 2018, quando fu arrestato a Betlemme per aver realizzato un ritratto di Ahed Tamimi, la giovane palestinese simbolo della resistenza contro l’occupazione israeliana. Un episodio che ha rafforzato la sua convinzione: l’arte deve prendere posizione, non può essere neutrale.
Dai palazzi di Napoli ai muri di Betlemme, le sue opere sono monumenti moderni che non celebrano il potere, ma la lotta contro di esso. Non a caso, uno dei suoi murales più iconici è il gigantesco ritratto di Maradona a San Giovanni a Teduccio, diventato un simbolo per il popolo napoletano e per tutti coloro che vedono in Maradona non solo un calciatore, ma un uomo che ha sempre scelto di stare dalla parte degli ultimi.
Se c’è una cosa che Jorit riesce a fare benissimo, è dare voce a chi non può più parlare, restituire dignità alla memoria collettiva. Dipingere Gramsci su un palazzo di Foggia, Pasolini a Scampia, Allende a Napoli o Che Guevara a San Giovanni a Teduccio significa ricordare a tutti che la storia non è solo un elenco di eventi, ma un patrimonio di idee, battaglie e ideali che possono ancora ispirare il presente.
Oltre ai volti intensi, i murales di Jorit celano dettagli invisibili a un primo sguardo: frasi, parole nascoste tra le pennellate, incastonate nei lineamenti dei soggetti come segreti da scoprire. Piccole tracce di poesia e memoria, messaggi subliminali che invitano l’osservatore a fermarsi, a guardare oltre l’apparenza, a leggere tra le pieghe dell’arte e della storia.
Oggi Jorit è riconosciuto a livello internazionale, ma non ha perso il suo spirito di artista di strada, di ribelle visivo. Continua a dipingere sulle pareti delle città, senza rinchiudersi in gallerie d’élite, perché la sua arte non vuole essere decorativa, ma rivoluzionaria. I suoi murales sono pagine di un libro aperto che raccontano storie di resistenza, di sogni infranti e di speranze che non muoiono.
E ogni volta che fermiamo lo sguardo davanti a uno dei suoi murales, ci troviamo di fronte a uno specchio che riflette la nostra coscienza, un promemoria che ci ricorda che le cicatrici non sono solo segni sulla pelle, ma ferite della storia che non possiamo dimenticare.












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