(Federica Cannas) – Non si può spiegare fino in fondo cosa accade quando la voce di Maria Carta arriva.
Perché Maria cantava per per svegliare qualcosa. Una radice, un ricordo che sembrava perduto. E nel farlo, guariva.
Ma più di ogni altra cosa, trasmetteva amore.
Un amore che attraversava chi la ascoltava e lasciava un segno.
Era una donna che, ogni volta che saliva su un palco, riportava in vita qualcosa che sembrava dimenticato.
La sua voce era l’eco di una Sardegna profonda, sacra. Ma era anche una dichiarazione d’amore per quella terra che aveva nel sangue.
Un amore fiero, viscerale, infinito.
Un amore per la musica, certo, ma anche per il prossimo. Per chi ascoltava. Per chi non aveva voce. Per chi era solo.
Maria Carta scelse un percorso controcorrente.
Negli anni in cui la musica italiana si riempiva di effetti, di luci e di sorrisi di plastica, lei riportava al centro l’essenziale, ossia la voce, il canto, il lutto, la terra.
Era bellissima, intensa, elegante, ma non ha mai usato la sua immagine come maschera. Non ha mai cercato di piacere a tutti.
Ha inciso brani in latino liturgico, ha cantato l’Ave Maria come un’antica preghiera sarda, ha portato il canto a tenore sui palchi d’Europa, ha riportato alla luce i goccius, i canti funebri tramandati solo oralmente.
Ogni nota che cantava era un atto d’amore per ciò che rischiava di sparire. Per le radici dimenticate. Per la cultura orale. Per la memoria dei popoli.
Dietro l’artista c’era una donna lucida, libera, forte. Una donna che aveva conosciuto la fatica e il sacrificio, e che non li ha mai nascosti.
Nata a Siligo, piccolo paese del Meilogu, Maria portava nel sangue la dignità contadina e la fierezza di chi sa che l’identità non è qualcosa da esibire, ma da custodire.
Maria Carta ha sempre creduto che il canto potesse unire, guarire, proteggere.
Credeva nella musica come dono, come ponte. E anche quando era lontana dalla Sardegna, ogni sua parola ne conservava il profumo.
C’è qualcosa di misterioso in Maria Carta.
Chiunque l’abbia ascoltata almeno una volta sa che la sua voce è quasi una preghiera, una presenza.
Anche ora che non c’è più, continua ad arrivare.
Nei momenti belli, per renderli ancora più profondi. In quelli difficili, per indicare una via. È come se sapesse sempre quando servire. E chi ha il cuore aperto, la sente.
Perché l’amore che metteva nel canto era vero.
Chiunque abbia avuto la fortuna di incrociarla, sa che c’è qualcosa che si muove dentro e che non si dimentica più.
Maria Carta ha restituito alla Sardegna la sua voce più vera.
Quella delle madri, delle nonne, delle croci sulle montagne, dei lutti che si cantano per sopravvivere.
La sua Sardegna era fatta di vento, di pietra, di devozione. Di silenzi che raccontano più delle parole.
Ma era anche una Sardegna amata senza condizioni, come solo le donne sarde sanno fare. Con orgoglio e dolcezza, con rispetto e profondità.
Maria Carta è morta nel 1994. Ma sarebbe un errore pensare che sia andata via.
Ci sono artisti che si ricordano, e altri che si sentono. Lei si sente ancora.
Nel cuore di chi l’ha amata. Nelle voci di chi la scopre oggi.
Nel bisogno che ogni tanto riaffiora, di qualcosa che ci ricordi chi siamo. E che ci tenga insieme, anche quando non sappiamo da che parte andare.
Come un gesto d’amore che continua a vibrare.












![[ID: Et74N5OHM3g] Youtube Automatic](https://matextv.com/revolution/wp-content/uploads/2023/06/id-et74n5ohm3g-youtube-automatic-1-360x203.jpg)
![[ID: 7b2s2bD-P2E] Youtube Automatic](https://matextv.com/revolution/wp-content/uploads/2023/06/id-7b2s2bd-p2e-youtube-automatic-1-360x203.jpg)
![[ID: hQoGsPscK8Q] Youtube Automatic](https://matextv.com/revolution/wp-content/uploads/2023/06/id-hqogspsck8q-youtube-automatic-1-360x203.jpg)
![[ID: XLLgCdK0TKk] Youtube Automatic](https://matextv.com/revolution/wp-content/uploads/2023/06/id-xllgcdk0tkk-youtube-automatic-1-360x203.jpg)

















e poi scegli l'opzione