(Federica Cannas) Da Genova a San Paolo, il destino di Mino Carta è stato quello di attraversare l’oceano per diventare una figura chiave del giornalismo brasiliano contemporaneo. Nato In Italia nel 1933, trovò presto nel giornalismo la sua vera vocazione. L’informazione avrebbe segnato la sua vita, guidata dall’urgenza di raccontare e dall’ossessione di dare voce a ciò che altri preferivano mettere a tacere.
Mino Carta è stato un grande giornalista, ma soprattutto un fondatore seriale di idee e di testate. Negli anni Sessanta contribuì alla nascita di Quatro Rodas e soprattutto del Jornal da Tarde, che rivoluzionò il modo di concepire il quotidiano in Brasile. Nel 1968 diede vita a Veja, destinata a diventare la più diffusa rivista del Paese, e nel 1976 a IstoÉ, altra esperienza pionieristica. Ogni progetto portava il segno della sua irrequietezza creativa, della convinzione che il giornalismo non dovesse solo informare, ma anche scuotere, formare coscienze, sfidare il potere.
La sua opera più duratura arrivò nel 1994 con CartaCapital. Una rivista che ruppe con i modelli dominanti e divenne, nel tempo, la voce più autorevole della sinistra brasiliana. Con una redazione piccola ma appassionata, analisi profonde e un tono volutamente critico, CartaCapital rappresentò il contraltare al conformismo mediatico. In un Paese segnato da diseguaglianze sociali e da un panorama informativo spesso appiattito, la sua presenza è stata una boccata d’aria libera, un luogo dove il pensiero progressista poteva trovare spazio e legittimità.
La grandezza di Mino Carta non è stata riconosciuta solo dal mondo del giornalismo. A testimoniarlo è stato il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, che gli ha dedicato un post commosso sui social, ricordandolo come «un punto di riferimento per il giornalismo brasiliano, per il suo coraggio, lo spirito critico e l’impegno verso un Paese giusto e paritario per tutti i brasiliani e le brasiliane». Lula ha ripercorso i momenti vissuti insieme e ha dichiarato tre giorni di lutto ufficiale nazionale, un atto che consegna definitivamente Mino Carta alla storia civile e democratica del Brasile.
Mino Carta ha lasciato un segno indelebile perché non si è mai accontentato di essere spettatore. Ha innovato le forme editoriali, ha rinnovato il linguaggio giornalistico e ha creato strumenti che hanno dato al Brasile uno sguardo diverso su se stesso. Da genovese trapiantato in America Latina, ha saputo incarnare un cosmopolitismo unico: italiano per nascita, brasiliano per scelta e, soprattutto, giornalista per vocazione.
La sua scomparsa oggi non chiude un capitolo, ma ne consegna uno aperto a chi continua a credere che il giornalismo sia un atto di coraggio e responsabilità. Nel Brasile di oggi, il lascito di Mino Carta resta la convinzione che senza spirito critico, senza indipendenza e senza il coraggio di sfidare i potenti, l’informazione smette di essere servizio pubblico e diventa solo rumore di fondo.