Tutte le multinazionali pagheranno almeno il 15% di imposte. La tassa minima globale (in inglese global minimum tax) è realtà grazie a un accordo siglato dalla maggioranza dei Paesi Ocse, che sono 140. Di questi, ben 136 hanno aderito al sistema di tassazione internazionale. Solo Kenya, Nigeria, Pakistan e Sri Lanka non hanno sottoscritto l’accordo.
Nella sostanza, si tratta di una imposta sulle multinazionali con ricavi superiori a 750 milioni di euro. La tassa minima globale funziona in questo modo: se un’azienda paga le tasse in un Paese in cui la tassazione effettiva è inferiore al 15%, la percentuale che rimane per arrivare alla soglia del 15% dovrà essere pagata nello Stato di residenza. Si stima che la tassa minima globale porterà un gettito complessivo superiore di circa 125 miliardi di dollari l’anno Per l’Italia, il vantaggio stimato è di circa 2,7 miliardi di euro l’anno.
Lotta all’elusione
La tassa minima globale in sostanza ridurrà l’elusione fiscale di molte multinazionali che lavorano sui territori dei singoli stati. L’accordo, inoltra, punta inoltre a porre fine alla guerra tra le due sponde dell’Atlantico sul tema spinoso della digital tax. Nel mirino ci sono soprattutto quei colossi di Big Tech che hanno fatto ampio ricorso all’elusione, assegnando gran parte dei propri profitti a sedi sociali opportunamente collocate in paradisi fiscali. In questo campo l’accordo internazionale tende a spostare la base imponibile delle aziende digitali in quei paesi dove risiede la massa dei loro clienti e utenti, a prescindere da dove abbia la sede sociale l’azienda.
Un esempio pratico
Se la multinazionale Alfa paga le tasse nel Paese Beta (che spesso corrisponde a un paradiso fiscale) che ha una tassazione effettiva sui profitti pari all’8%, il 7% residuo, che rimane per raggiungere la soglia della tassa minima globale del 15%, dovrà essere versato nel Paese in cui la multinazionale Alfa risiede.
Risulta subito comprensibile il vantaggio fiscale del Paese che prima non riceveva nulla da aziende di fatto appartenenti ad uno Stato che in realtà non era quello reale di residenza, scelto solo per motivi fiscali legati a una tassazione inferiore, con una perdita di gettito altissima