di Federica Cannas – Quando l’arte entra nei documenti segreti o quando non dipinge la memoria, ma la analizza e la rende pubblica, ecco che arriva lei, Voluspa Jarpa.
Voluspa è un’artista cilena che ha inventato nuovi mondi, svelando ciò che nel nostro è stato taciuto. I suoi strumenti non sono solo colori e materiali, ma archivi declassificati, rapporti censurati, silenzi di Stato. Con essi costruisce installazioni che somigliano a laboratori civici, luoghi dove il passato si ricostruisce, si comprende, si mette in discussione.
Immaginiamo una stanza piena di documenti della CIA, classificati per decenni, oscurati da linee nere, pieni di parole cancellate.
Immaginiamo che quei documenti diventino l’ossatura di un’opera d’arte.
Non un collage, ma una scultura della censura, dove ciò che non si legge diventa ciò che più ci riguarda.
Questo è La Biblioteca de la No-Historia, uno dei progetti più emblematici di Jarpa, nato da anni di studio su come le dittature latinoamericane abbiano costruito la loro legittimità tramite la manipolazione dell’informazione.
Il suo obiettivo è rendere l’assenza visibile.
Il vuoto di certe frasi, le omissioni e tutto ciò che manca ci parla più di ciò che resta.
Nel video-progetto Translation Lessons, la vediamo imparare l’inglese usando rapporti segreti come testi scolastici.
Una lezione di lingua? No, una lezione di sovversione.
Perché imparare la lingua dell’oppressore è un modo per capire come ha scritto la nostra storia. E capire è sempre un primo passo per cambiare.
Il suo lavoro è allo stesso tempo estetico e investigativo, sensoriale e politico.
Ogni opera è un’installazione immersiva dove il visitatore si interroga.
Come in En Nuestra Pequeña Región de por Acá, dove i volti delle vittime dei regimi sudamericani emergono su lastre di bronzo, affiancati dalle stesse pagine che li hanno voluti cancellare.
Voluspa Jarpa non chiede al pubblico di capire tutto.
Chiede solo di non accontentarsi più della superficie.
Il suo lavoro è cultura come innovazione, arte come pubblica utilità, memoria come strumento collettivo.
Nel recente progetto Sindemia, Jarpa unisce arte digitale, disegni, mappe e voci per analizzare il Cile delle rivolte del 2019.
È un’opera corale e sensibile, dove il corpo sociale si racconta senza essere raccontato da altri, con una struttura narrativa condivisa.
Voluspa Jarpa costruisce un’alternativa possibile e concreta, dove l’informazione è un atto d’arte, dove l’arte è un atto di cittadinanza, dove la bellezza non è mai separata dal pensiero critico.
Non impone verità, le cerca con metodi nuovi. Non si limita a raccontare cosa è stato, l’opera di Voluspa Jarpa non si esaurisce nello spazio espositivo.
Resta nelle domande che solleva.
Resta nella coscienza di chi ha capito che anche il silenzio è linguaggio.
E che l’arte può riscrivere la grammatica della memoria.
In fondo, non è questo che fa davvero l’innovazione?
Non creare nuove forme, ma dare nuovi sensi a ciò che già c’è e che nessuno osava guardare.












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