Il weekend scorso, al jazz club Blue Note di Milano, sold out per l’occasione, hanno trionfato Bill Evans & The VansBand All Stars, gruppo che, frutto di una collaborazione consolidata, rappresenta un perfetto punto di incontro tra alcuni dei talenti più brillanti del panorama musicale contemporaneo.
In un progetto in cui eclettismo e innovazione sono degli imperativi, Bill Evans è riuscito nell’impresa di coinvolgere artisti unici come Gary Husband alle tastiere – noto per le sue collaborazioni con John McLaughlin e Jeff Beck -, Keith Carlock alla batteria – che ha suonato con Sting e Steely Dan – e Pablo Contreras, talentuosissimo bassista, che ha sostituito nei concerti del 7 e 8 marzo, senza farci rimpiangere l’importante assenza, Felix Pastorius – figlio d’arte del leggendario Jaco, virtuoso indiscusso -, bassista titolare della band, infortunatesi ad un polso.
Venerdì sera, all’esibizione a cui ho assistito, la sintesi di questo connubio musicale si è espressa nella fusione dei vari background, che ha condotto questi musicisti a dar vita a coinvolgenti performance, capaci di ipnotizzare la platea con complesse esecuzioni, ricche di sperimentazioni e virtuosismi, che solo chi ha la musica nel sangue può permettersi. Il risultato è stato un sound dinamico e fresco, che ha combinato con naturalezza e senza confini elementi di soul, funk e neo-jazz, regalando una sensazione di leggerezza e gioia vibrante a chi ha avuto la fortuna di assistere al concerto. Una perfetta unione di creatività e tecnica.
A capitanare questo gruppo di artisti stellari, il polistrumentista Bill Evans, nato il 9 febbraio 1958 a Clarendon Hills, Illinois, la cui carriera musicale è iniziata studiando pianoforte (in cui – curiosamente – ha eccelso un suo leggendario omonimo, il compianto Bill Evans, appunto) strumento a cui poi ha preferito clarinetto e sax.
Considerato un maestro della fusion, Evans ha al suo attivo una lunga carriera costellata di molteplici collaborazioni con artisti di spicco, come Miles Davis, John McLaughlin, Herbie Hancock, Lee Ritenour, Dave Grusin, Randy Brecker, e il gruppo Steps Ahead; grazie ad un talento straordinario e ad una curiosità insaziabile che lo ha portato, e lo porta tutt’ora, a sperimentare quanto più possibile per trovare sonorità inedite, ha anche esplorato altri generi musicali, come l’hip hop e il country, lavorando con artisti come Mick Jagger e Willie Nelson.
In più di un quarto di secolo di ricerca, Bill Evans ha saputo sviluppare uno stile molto personale, che combina una profonda comprensione del jazz con tecniche esecutive avanzate. Il suo percorso, un’evoluzione senza battute d’arresto, l’ha portato a produrre brani iconici sia nel suo lavoro solista, sia nelle sue eccellenti collaborazioni, ottenendo una nomination ai Grammy nella categoria Contemporary Jazz con il suo album “Soul Insider”, pubblicato agli inizi degli anni duemila.
Venerdì sera Evans ha dimostrato, ancora una volta, di attrarre con la sua musica un pubblico ampio e variegato, come attestato dall’eterogeneità della platea che ha applaudito entusiasta uno spettacolo che, personalmente, avrei voluto durasse una notte intera.
(Virginia Nicoletti)