L’evento ha visto la partecipazione degli autori, di Valeria Satta e Simone Spiga, in un dibattito intenso e carico di emozione. Era fondamentale raccontare la verità su una storia che i media avevano distorto o raccontato in modo superficiale. Fabrizio Quattrocchi non era un mercenario, non era un avventuriero, ma un giovane uomo che si trovava in Iraq per lavorare come guardia di sicurezza. La sua tragica fine, avvenuta il 14 aprile 2004, è rimasta impressa nella memoria collettiva per quelle parole che hanno cambiato la narrazione del terrore jihadista: “Vi faccio vedere come muore un italiano”.
Eccellente la conduzione della serata da parte del giornalista Simone Spiga, che ha saputo mettere in evidenza come quella guerra in Iraq fosse una guerra che non si sarebbe mai dovuta fare, frutto delle false prove fornite nella celebre “fake news” di Colin Powell. Spiga ha guidato il pubblico attraverso una riflessione critica sulle conseguenze di quel conflitto, facendo emergere la necessità di raccontare i fatti in modo accurato e senza distorsioni.
Il giornalista Raffaele Panizza ha tracciato un ritratto profondo di Fabrizio Quattrocchi, evidenziandone il profilo umano e familiare. Panizza ha messo in luce il ruolo negativo svolto da una parte della stampa, spesso poco corretta nel raccontare i fatti, e motivata da una ricerca di protagonismo più che da un desiderio di giustizia e verità. Ha sottolineato come una narrazione più fedele agli eventi avrebbe potuto cambiare la percezione pubblica e rendere maggiore onore al sacrificio di Fabrizio.
Uno dei momenti più toccanti della serata è stato il confronto tra Valeria Satta e Graziella Quattrocchi, durante il quale sono stati letti alcuni passi del libro. Attraverso le loro parole, il pubblico ha potuto immergersi nei pensieri e nei sentimenti di chi ha vissuto quella tragedia in prima persona, comprendendo l’importanza di custodire la memoria di Fabrizio.
Gli autori hanno ribadito il valore di quell’atto di coraggio, ma anche l’assenza quasi totale dello Stato nel riconoscere adeguatamente il sacrificio di Quattrocchi. L’unica eccezione fu il presidente Carlo Azeglio Ciampi, che nel 2006 gli conferì la medaglia d’oro al valore civile. Un riconoscimento che arrivò in ritardo e che non fu accompagnato da quell’attenzione che un simile gesto avrebbe meritato.
L’evento organizzato dal Centro Italo Arabo e del Mediterraneo è stato un momento di grande riflessione, capace di restituire dignità alla figura di Quattrocchi e di rilanciare un dibattito su cosa significhi davvero il coraggio, l’onore e la lotta contro il terrorismo. La sua storia non è solo un episodio del passato, ma un simbolo della resistenza alla paura e della necessità di difendere la verità storica, anche quando è scomoda.