Fino al 9 febbraio 2025 Milano rende omaggio ad uno dei suoi figli, l’eclettico artista Enrico Baj (1924-2003), pittore, scultore, saggista, scrittore meneghino, con una ricca e composita retrospettiva antologica dal nome evocativo, Baj chez Baj, inaugurata nel centenario della sua nascita e allestita nella prestigiosa cornice espositiva del centralissimo Palazzo Reale <specchio dei poteri forti che si sono alternati al governo della città e che ne hanno cambiato il volto nel corso dei secoli>, rassegna che segue l’esposizione di qualche mese fa dedicata ai suoi libri d’artista, volumi illustrati con tecniche e materiali sorprendenti.
Figlio di due ingegneri (la madre è stata una delle prime donne laureate al Politecnico di Milano), abbandonata la facoltà di medicina ma conclusi con successo gli studi giuridici, Baj ha dato seguito all’irresistibile richiamo della propria vena artistica studiando all’Accademia di Brera. Qui ha sviluppato l’interesse per l’arte e l’architettura, coinvolgimento che l’ha accompagnato per tutta la vita, e che l’ha portato ad essere un membro attivo di diversi movimenti artistici e culturali, primo fra tutti del postbellico Movimento Nucleare, co-fondato con Sergio Dangelo, nelle cui opere – reazione alla minaccia nucleare – sono visibili l’influenza del surrealismo (in particolar modo di Salvador Dalì) e dell’espressionismo astratto.
Fortemente impegnato politicamente e socialmente Baj, nella sua incessante esplorazione artistica e stilistica, ha subito il fascino della pittura cubista di Pablo Picasso – a cui ha reso omaggio con “citazioni” in molti dei suoi capolavori – e ha dato corso ad una grande rivoluzione estetica, inaugurando un linguaggio nuovo ed autonomo. Sfidando le convenzioni artistiche tradizionali, ha offerto al mondo opere che esibiscono elementi di patafisica, surrealismo, dadaismo e arte informale combinati in tecniche esecutive – pittoriche o plastiche – giocose e particolari, arricchite da materiali inusuali e disparati (ninnoli, carta da parati, tessuti, bottoni, tubi di metallo, pezzi di meccano, specchi..etc..) utilizzati in collage o assemblati, per restituire un effetto unico e suggestivo allo sguardo curioso ed ammirato del pubblico che ne gode.
All’interno della leggendaria e brutalmente offesa Sala delle Cariatidi, simbolo e memento della distruttività della guerra, mi hanno accolto una cinquantina di capolavori di Baj realizzati dai primi anni Cinquanta del Novecento al Duemila, suddivisi in spazi espositivi realizzati grazie ad un complesso progetto allestitivo studiato come una quinta teatrale, allo scopo di creare un ragionato percorso cronologico e tematico, esibiti per sorprendere, divertire, ammaliare, incuriosire e farmi riflettere su quanto l’arte possa essere una messaggera tanto sincrona quanto asincrona, soprattutto quando chi ne è artefice se ne serve, con sapienza e capacità analitica, per dar voce ad un’acuta critica della società contemporanea.
Le opere esposte sono testimonianza di quanto Baj, attraverso l’arte, abbia indagato diverse tematiche: nelle sale si susseguono le serie dedicate alle “Opere Nucleari”, agli “Ultracorpi” – figure antropomorfe metafora dei timori legati al rapporto dell’uomo con la tecnologia e il progresso scientifico -, ai “Generali” – critica alla violenza del potere – e alle loro consorti, le “Dame” – esempi di vacuità -, ai “Mobili” – neo-Ultracorpi dediti a spiare gli uomini nell’ambiente domestico -, agli “Specchi” – oggetti frantumati e ricomposti, che riflettendo l’immagine di chi li osserva lo inglobano in una dimensione ignota -, alle “Dame idrauliche” – dal nome di fiumi italiani, realizzate con elementi di rubinetteria -.
Impressionanti il polittico dedicato all’Apocalisse, opera mutevole e ricomponibile composta da figure che richiamano il mondo di Bosch e di Dante, sintesi visiva del giudizio che Baj ha maturato nei confronti della società contemporanea, e l’opera di critica politica “I funerali dell’anarchico Pinelli”, chiaro rimando, nelle proporzioni, nella presenza di alcuni dettagli e nello sviluppo complessivo della scena rappresentata, al Guernica di Picasso.