Era l’epoca delle boyband e del pop sfrenato. Tutti cantavano Everybody dei Backstreet Boys o Back for Good dei Take That. E proprio loro, i Take That, rappresentavano il pop perfetto. Cinque ragazzi con coreografie impeccabili, voci armoniose e carisma invidiabile. Come dimenticare, poi, Robbie Williams, il ribelle che lasciò il gruppo mandando in crisi un’intera generazione, per poi tornare da solista con brani che ancora oggi ci fanno emozionare.
E poi c’erano le Spice Girls. Un vero e proprio fenomeno culturale. Con il loro girl power, ci trasformavano tutte in pop star davanti allo specchio, mentre cercavamo di replicare le coreografie di Wannabe.
Gli anni ’90, però, non erano solo pop zuccheroso. Era il decennio dei contrasti musicali. Potevamo iniziare la giornata ascoltando Smells Like Teen Spirit dei Nirvana e finirla cantando Baby One More Time di Britney Spears. Non c’erano barriere, tutto conviveva in un caos musicale meraviglioso.
E poi c’erano i Guns N’ Roses. Il vero rock. Axl Rose con la sua bandana e quell’aria da dannato, e Slash con il suo cappello a cilindro e i suoi assoli infiniti che sono diventati epici. Erano tutto ciò che il pop non era. November Rain, con il suo videoclip maestoso, era fantastica, Sweet Child O’ Mine ci faceva sentire invincibili. E quante lacrime versate ascoltando Don’t Cry…
Mentre i Guns portavano caos e passione, MTV era il nostro tempio musicale. Quando passava Livin’ la Vida Loca di Ricky Martin, cantavamo tutti, anche senza capire bene cosa fosse quella “vida loca”. E poi c’era TRL, con i fan urlanti sotto le finestre e la sensazione che incontrare i propri idoli fosse davvero possibile.
La musica degli anni ’90 non era solo intrattenimento. Era un’esperienza collettiva. Dalle cassette registrate alla radio, ogni dettaglio della musica degli anni ’90 aveva un fascino unico e irripetibile. Ascoltavamo la radio con il dito pronto sul tasto Rec dello stereo, aspettando con ansia che passasse la nostra canzone preferita. Era una sfida di tempismo, una corsa contro il tempo per premere Rec al momento giusto. La vera battaglia era cercare disperatamente di evitare la voce dello speaker radiofonico che, puntualmente, entrava nei primi secondi del brano rovinandoci la registrazione. Ma anche questo, in fondo, faceva parte della magia di quegli anni. Dalle cassette registrate alla radio, quindi, ai CD che saltavano sempre sulla nostra traccia preferita. Ogni brano poteva trasformare una giornata qualsiasi in un momento indimenticabile, che fosse ballare sul letto con l’asciugamano in testa o cantare a squarciagola in macchina con gli amici.
Oggi abbiamo Spotify e le playlist personalizzate, ma un po’ ci manca quel caos. Ci mancano i CD masterizzati e le copertine personalizzate con titoli improbabili, i videoclip esagerati e l’attesa di una canzone alla radio. Gli anni ’90 erano così: imperfetti ma indimenticabili. E forse è per questo che, ogni tanto, quando mettiamo una vecchia playlist, ci perdiamo di nuovo nei ricordi.