È di pochi giorni fa la notizia della vendita della banana di Maurizio Cattelan in un’asta organizzata a New York da Sotheby’s.
Comedian – nome dell’installazione dall’artista padovano, presentata nel 2019 presso lo stand del gallerista Perrotin ad Art Basel Miami -, che consta di una vera banana matura appiccicata ad una parete con del nastro adesivo argentato, è stata acquistata alla astronomica cifra di 6,24 milioni di dollari da Justin Sun, magnate cinese delle criptovalute.
Cifra folle a parte (il valore dell’opera al suo debutto era di 120 mila dollari, già considerato altissimo all’epoca, e il valore stimato per la vendita della settimana scorsa era di 1-2 milioni di dollari) trovo ogni aspetto di questa storia portentosamente “pop”. E secondo me lo è perché, oltre alla connotazione concettuale-relazionale dell’opera e alla provocazione che reca in sé, caratteristiche capaci di innescare riflessioni e confronti pubblici, Comedian mi muove ad uno spontaneo “ideale” parallelismo con un’altra altrettanto famosa banana, quella che da sempre considero una delle immagini più iconiche della storia dell’arte moderna, ovvero la banana realizzata da Andy Warhol per la copertina del leggendario ed immortale album The Velvet Underground & Nico del 1967, lavoro di cui curò anche la supervisione artistica.
L’arte di Warhol ha portato l’estetica della cultura di massa, come la pubblicità e gli oggetti quotidiani, all’interno del mondo dell’arte “qualificata” e “colta”, sfumando così i confini tra ciò che era considerato arte “alta” e ciò che era considerato arte “bassa”, sfida a cui Cattelan sembra voler dare un seguito e forse una risposta, rielaborando ed ampliando costantemente, opera dopo opera, il concetto cardine di partenza, elevandolo all’ennesima potenza grazie a un linguaggio visivo distintivo, riflesso della società contemporanea, che attinge direttamente al mondo dei mass media, della cultura di consumo e della politica.
Warhol e Cattelan, curiosamente, hanno scelto la banana – che di suo si presta a commenti ilari – per travolgerci a proprio modo con un messaggio potente, in grado di catalizzare pensieri, emozioni, reazioni: entrambe le loro opere sono simboli di un’arte che si ribella alle convenzioni, veri fenomeni culturali che presentano elementi di interattività tipici di un’arte fluida e permeabile che si estende oltre la funzione visiva (la banana di Cattelan può essere consumata e sostituita e quella di Warhol, in alcune edizioni del disco, nasconde sotto alla buccia adesiva sollevabile, una allusiva banana rosa, accompagnata dalla dicitura “Peel slowly and see” – sbuccia lentamente e guarda).
In contesti socio-culturali storicamente differenti i significati della loro arte finiscono per intersecarsi, soprattutto sul punto condiviso del valore intrinseco – per Warhol non necessariamente, o meglio espressamente, economico – di un’opera ispirata da un oggetto banale che rimanda al quotidiano e, come nel caso di Warhol, prodotta in serie.
La copertina di Warhol, insieme alla innovativa versatilità compositiva dei brani contenuti in quello che è diventato uno dei dischi più importanti ed influenti della storia del rock, hanno contribuito a definire un’estetica che ha infranto schemi sino ad allora consolidati, e che ha rappresentato una sorta di rivoluzione dogmatica in un’epoca di cambiamenti sociali profondi; Cattelan, in un certo senso, eredita questo imprinting incentrato sullo scompaginamento dei rapporti tra arte e società, ma si spinge oltre, esplorando le dinamiche del mercato dell’arte moderna, giungendo alla conclusione che è arte ciò che il pensiero dell’artista concepisce come tale, e che lo status di opera d’arte ed il valore (economico) ad essa attribuito, sono definiti dal contesto, e non dall’oggetto stesso, che di fatto è ridotto a una pura finzione economica e mediatica.
(Virginia Nicoletti)